Riapro Alice, un mio romanzo lasciato per la Chiamata. Ciao vecchia me. Almeno sei qualcosa. Forse ho creato la convinzione falsa che se faccio Alice perdo dio. Quanto dolore a riaprirlo. Il fallimento di tornarci. Il fallimento di lasciare. Il silenzio, in tutto. Nessun suggerimento da dove. Io scrivevo da dio. Che cosa vuoi fare di me, dio?
Davvero devo mollare tutto, o è un altro inganno mentale, che aspetto chissà cosa e mi brucio quello che ho? Da dove viene tutto questo dolore? Sono sfinita e chiamo. E non arrivi. Se sono io che non ascolto, be’ allora grida più forte. Mi vuoi vedere in ginocchio? Quale amore vuole vedere l’altro o sé stesso in ginocchio? Le ultime sere non ho fatto che inventarti. Nel silenzio di orecchie chiuse dai tappi, in quel sordo bombardamento del cuore, non ti sentivo: ti immaginavo. Dovevo dirmelo, che quella forza dentro sei tu e non sono io, dovevo cercare di diventarci e non mi riusciva. Ero sempre una testa come una comare al poggiolo, che guarda di sotto. E quando poi mi aprivo era solo diluirmi in un’altra amnesia. Il nulla era davvero nulla, senza una vibrazione di presenza, di vita, di suggerimento o speranza. Niente. Devo ricordarmelo a memoria, che tutto è amore. Dicono che quando sei sfinita smetti di lottare, ed ecco la resa. Quante rese vuoi? La resa: vuol dire che mi rendo a te, torno a essere vita, torno fuori dal ventre noto, rassicurante e velenoso della mente, ai suoi coloriti, alle arterie dei pensieri e dei fantocci mentali.
Ma ne resta sempre uno: quello che cerca te. Quello che poi si arrende e, paradossalmente, arrendendosi esiste ancora. Chi si arrende non si è arreso. Non si è ancora restituito alla Vita. Non è ancora sceso da sé stesso.
[Photo by Nishaan ahmed on Unsplash]
Più tardi, lo stesso sabato
Ho messo via gli appunti di scrittura, il romanzo di Alice. Obbedisco al pick a card su YouTube che provvidenzialmente titolava "Stay or go", al suo promettente andare, a quella coppa offerta dallo spirito, smetti di chiudere gli occhi, avrai il mondo in mano, le nozze col destino. "Feel free to go".
Ho preso quei fogli, li ho rimessi nella busta, e poi in quel grande raccoglitore ad anelli. Piango quasi disperata. Bacio quel folder. Sulla copertina cerchi rosa: “Smile”. Mi arrendo all’evidenza di togliere, di andare avanti, di seguire il melt e il divino come priorità. Mi arrendo all’evidenza che da due mesi il romanzo è fermo e non ho più sentito di poterlo editare. Mi arrendo all’evidenza di appunti rimasti muti e inutilizzati a ingombrare lo scrittoio. È devastante. Quante altre cose mi dirai di lasciare? Ciao me, ciao madda che scrivevi e che in quei lavori hai messo tanto. Buon viaggio, piccola.
(22 maggio 2021)
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