Quando la Parola scrive per me e quasi non rimango nemmeno spettatrice del fuoco, ma già tizzone sulla sua soglia, lì allora mi appare oltremodo evidente che non scegliamo niente o, quantomeno, niente di giusto. Ciò che è giusto, è lui a scegliere noi. Accade e non vi si può disobbedire.
Me lo insegnò la scrittura, lo sanno gli artisti, che bevono a quella fonte e muoiono senza. Me l’ha insegnato il Fuoco Sacro nel Cuore.
La resa non è mai una resa, è un’azione impossibile: la resa è invece l’esaurimento della resistenza, l’impossibilità di trattenere. Me lo insegna la Grazia, la quale in alcun modo posso produrre ma solo ricordare e che, incessantemente, scuote in paure perché la polvere si sollevi e distacchi dall’anima. Me lo ha insegnato la vulnerabilità, che è il contrario di lamentarsi: essa è l’assenza di vittima, questa è la vulnerabilità. È quando non c’è bisogno di un io psicologico, quando – come in tutte le cose più Grandi – la cosa si compie da sé e noi abbiamo smesso di metterci in mezzo. In questa vulnerabilità, il terremoto può fare il suo corso, l’argine rompersi, le acque inondare e la terra diventare ancella.
Me lo insegna la Forza immane che talvolta impone Silenzio integerrimo, dinanzi al quale la mia logorrea si sgretola, e si cade a terra come una genuflessione che da secoli trattenuti, attendeva. Perché se il cuore ha pazienza infinita e nulla impone,
a un certo momento qualcosa disargina e non c’è più scelta alcuna.
Me lo insegna la devozione, una preghiera in continuità senza voce: quando essa si leva, non più ostruita da false credenze e inutili giochi della mente illusoria, ogni pudore è vanificato dalla Sua Intelligenza. È lei che prende me, non posso essere devota “io”.
Possiamo scegliere solo ciò che non è già scelto: possiamo scegliere solo ciò che è lontano dal vero. E anche in questo caso, inesorabilmente, il Vero ci ricondurrà ad esso. È una condanna cui non si può sfuggire. Una morte deliziosa.
Maddalena
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