Il punto non è trovare dio solo nel silenzio: è trovare il silenzio anche nel rumore
(Diario) - E adesso mi chiedo: qual è la resistenza, l’azione? Cercare dio, o proteggersi dal vederlo ovunque? Se smetto le difese, devo cercare dio o è ovunque? Lo devo cercare perché me ne sto difendendo. È probabilmente talmente ovunque che resisto e allora soffro e allora lo cerco. Ecco perché il direct path: perché sapevo che basta non difendermi.
Ogni cosa che fai, incluso cercare dio, è una resistenza ben camuffata, che chiami necessità. Ma di fatto è una difesa. Dio non si è mai mosso. Mentre urlavi, mentre rivendicavi “io sono anche questa!”, mentre ti facevi milioni di domande, mentre ti rispondevi che silenziare la mente silenzia anche il cuore, mentre sentivi che l’emozione era un tunnel che andava percorso, mentre sentivi separazione tra il personale e la pace in cui accade... a un certo punto il dubbio emerge: che sei così occupata dall’agitazione da non vedere.
E poi, a un certo punto, dio è davanti. Esattamente qui. E l’amore ti prende. Fa male. E fa benissimo. E tutto quel “voglio sapere chi sono” sembrava che vuoi te, non lui, e poi si mischiano e scopri che è lui che, dentro, è te. E non c’è scampo.
Siamo abituati a due tipi di atteggiamento verso il sentire: il primo è includere tutto come “mio” o scegliere cosa lasciar andare, restando identificati nell’idea personale di essere questo io mentale che osserva. Il secondo è riportarsi alla pace in cui ogni movimento accade. In verità ce n’è un terzo, che è voler trasmutare ciò che emerge. In tutti i casi obbediamo a un bisogno di “farne qualcosa”, di cambiare ciò che è, di stare meglio, di capire. In parallelo, vogliamo amore, vogliamo amare, vogliamo essere amati, vogliamo dio.
L’esperienza mi insegna invece che dio è ciò che è, adesso
L’emozione, percorsa completamente, esattamente come si presenta, vissuta nel sentito perfino lapidario, fino in fondo, è dio, è anima che grida. L’umano è dio nell’uomo. Non è qualcosa che “accetto”, che “va bene, c’è anche questo”. Non è più qualcosa che ti accade e da guarire, ma qualcosa che si rivela attraverso di te.
Se di fronte a un forte sentire torni alla pace perdi dio, l’amore.
Non si tratta di integrare sensorialmente per tornare alla tranquillità, né di fare self enquiry per vedere che non sei chi soffre: l’intensità del sentire non deve rientrare, deve rivelarsi fulgida, perché è dio, al fondo si rivela per dio. Dire che integrare il sentito sensorialmente riporta alla tranquillità (Baret) non è preciso:
non vogliamo stare tranquilli, vogliamo qualcosa che ci sembra di non sapere, finché non permettiamo completamente il sentire, ed esso si rivela: allora il sentire, che sembrava una domanda, diventa la risposta che non sapevamo di cercare.
Davvero è dio che cerca te o, meglio: si presenta in te come dio, in ciò che senti. Si rivela. Non si rivela solo nel Silenzio.
Ciò che reputiamo scomodo, è dio
Non puoi sapere come dio appare oggi: forse col vuoto, forse nel chiasso emotivo. Se hai già deciso come deve essere e cosa devi avere o fare, ti stai separando dal dio di questo momento.
Ogni volta che trai una direttiva, chiudi altre possibilità. Stare nel reale anziché nell’illusione non è scartare l’illusione: è entrarci fino in fondo e lasciare che si riveli per il reale. Ma questo non sei tu a deciderlo. Se hai già deciso che ti vuoi illuminare, perdi tutto il dio che c’è in mezzo: è dio che gioca in te, e non vuole finire subito il gioco. E ogni volta ti sorprende. Tu credevi di aver capito che la resistenza sia qualcosa da trascendere, di cui liberarsi, un ostacolo, poi un giorno ci stai dentro pienamente, e quella si rivela per dio. Pensa che smacco. La vita è questo: dio che cerca di essere te mentre tu lo cerchi altrove. E invece è proprio lì. La vita è questa danza. Finché anche il danzatore che chiami “io” si rivelerà per dio, ma essendo dio quale io illusorio può decidere come e quando? E allora cosa ti tocca fare: non prefigurare. E danzare.
Tutto ciò che hai sempre evitato, non è altro che la scomodità di dio. Dio è scomodo. Perché solo così può cercarsi senza che sia immediatamente risolto. Dio vuole essere te. Così come sei. E svelarsi pian piano.
Questo è come ho compreso ciò che molti chiamano "integrazione".
L’essere è inclusivo, ma non per dogma, non perché “devo volermi bene”. L’essere è inclusivo perché non c’è un solo modo in cui dio non cerchi di rivelarsi. E quando ti accorgi di questo, ti accorgi di quanta corte ti stia facendo. E allora non ti arrendi più solo per bisogno di dio: ti arrendi perché nessuno ti amerà mai con questa folle insistenza.
Be naked, completely pursued by God.
Maddalena
Comments