L'impeto non è la forza vitale: è la resistenza ad essa
L'umano è la parte del gioco che offre resistenza al divino

Rileggo cose. Cose che scrissi, che forse ora raccoglierò per chi lo desidera.
La forza vitale è sempre stata in me (come in chiunque) ma con un impeto che mi ha sempre contraddistinto.
Il cuore è una miscellanea del cuore emotivo e di quello spirituale. Per anni ho narrato da quello emotivo, dall'umanità. Quella forza che sputava fuori le parole, aveva sempre un fondo di rivendicazione, una voce strozzata in fondo alla gola: "Liberami!"
In tanti momenti di fatica del risveglio che mi è preso, sento la stessa morsa. E tuttavia ho compreso che la morsa, l'impeto, non è la forza vitale: è la resistenza ad essa.
Meditare non è un modo di scappare: è scoprire che stavamo sempre scappando. Noi, come umani, viviamo in fuga.
Quello che mi è chiesto, è di capovolgere la prospettiva: non sono un'umana che cerca, ma l'antichità di un cuore che ora danza in questo mondo. Non sono chi si siede a meditare: sono lo spazio in cui sparisco, meditando. Via via ci si arrende a questa evidenza e
si comprende che l'umano è l'esperienza, ma il protagonista non è l'umano.
Si sente che quello strozzamento alla gola si slenta, diventa la nostalgia di chi siamo. Che non era "questo" o "quello", andare più avanti, fare di più, fare meglio, sentirsi importante. Era il cuore: senza le battaglie.
TU: SEI IL CUORE. SENZA LE BATTAGLIE.