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Immagine del redattoreBhakti Maddalena

La resa è la porta alla gioia

Aggiornamento: 4 giu 2022



Lo sai come si comincia? Con poche esperienze di gioia senza ragione, nelle quali tutto appare meraviglioso, incantato, e sei innamorata. Credi che quella sia la norma, ma ti dicono che non è così. Lo scoprirai in ogni caso: spalerai tanta m., traumi, ferite, riemergeranno e ti chiederai perché proprio adesso che nemmeno ci pensavi. Ebbene: proprio perché non ci pensavi: serve portare su ciò che non sai. È la magia della legge del rispecchio, ciò che fuori ti imbriglia, è solo proiezione di energie che, dentro, devono liberarsi. Come calcare in una tubazione.


Una delle cose più classiche è arrivare a una sorta di plateau in cui credi ormai di stare bene. E poi deluderti che una nuova crisi arriva. Finché a un certo punto senti minato il fondamento stesso del tuo nuovo credo, dopo anni di ricerca qualcosa ha messo in crisi tutto: non sono traumi, questa volta.

È proprio che non sai cosa farne, di tutto ciò che hai scoperto, e ti chiedi come possa crollare proprio adesso che cominciavi a sapere chi eri. E invece lo scopo è quello: che tu non sappia chi sei. Non appena una nuova solidità si è creata, la terra trema perché tu sia libera.

Così disposta a non trattenere nulla, niente, da essere libera e nuda direttamente in mano a dio.


Quando vedi che hai navigato anche questa tempesta, fondante della tua nuova vita, di cui nulla poteva essere peggiore, scopri due cose: la prima è che qualcosa in te è invincibile. La seconda è che non puoi più perdere nulla. E, dunque, ti consegni a dio senza più alcuna condizione. Mai era stato così.


Questa resa non è qualcosa che potevi fare quando identificata nell’ego, né prima di scoprire, grazie a tante esperienze, che la coscienza è una ed è fatta di amore. Né prima di questa crisi sulle fondamenta.

Le rese precedenti furono di morti egoiche verso un dio ignoto, morivi e basta, sapevi che qualcosa spingeva. Qui ti arrendi a un dio che senti.

C’è una via che si è aperta. Non puoi cadere davvero. L’io rimasto ha capito di essere illusorio e che in ogni caso la sua storia avrà un finale migliore se fa guidare la macchina a dio. Il sé tanto decantato dalla comune non dualità di questi tempi e dal no self sa già di essere shakti che danza verso la sua sorgente ultima, intessuto di amore divino, come la sorgente stessa. Il cuore sa di avere dentro la scintilla che, come la cometa dei magi, indicherà la strada. Cos’hai da perdere? Di cosa puoi aver paura?

Il processo di questa resa smette di porre alcuna condizione e si caratterizza via via per una spontanea propensione al servizio, alla preghiera, alla lode. Il massimo desiderio è il palpito in dio e verso dio, e portare questa luce e amore al mondo.

Nessun ego sarebbe stato capace di tanto. È l’anima, la coscienza risvegliata dal lungo percorso, incluso l’annichilimento dell’ultima crisi, incluse le filosofie non duali che hanno mostrato alla mente l’ingenuità della sua identità illusoria. Allora accade che la resa sia via via una gioia, un inno, una lode essa stessa.


L’ho chiamata “la gioia della resa”: quale desiderio più alto e profondo, e ampio e vivace, si può avere, in questo innamoramento, se non di ricongiungersi all’innamorato?

Nel torace lo spazio è divenuto ampio in seguito alla cessazione dell’io soggetto e delle sue pretese. Nel nudo vivere senza qualcuno da mantenere, il cuore può finalmente danzare. Danzare per la Vita e per Dio. Non ha più imbrogli. Allora la pace diventa la danza quotidiana.

Un tempo per essere felice doveva accaderti qualcosa di bello, altrimenti avresti detto che stavi “normale”. Come va? ti chiedevano. “Normale, bene…” Se avevi qualcosa che non andava, tanto meglio: così avevi da parlare. Per essere felice dovevi essere in ferie, o neogenitore, o innamorato pazzo. Insomma, dovevi essere pazzo, fuori dall’ordinario. L’ordinario era solo “normale”.


Adesso la felicità comincia qui. Dal momento che hai rinunciato a ogni condizione, come dev’essere o non essere, e ti sei arresa a Dio, non devi nemmeno cercare la felicità nelle piccole cose. Hai rinunciato anche a chi cerca. Lasci che la forza che anima il cuore viva, e i commenti mentali sono sempre meno. Accade questo, molto semplicemente: sei felice senza che succeda niente. Sei felice anche se non tutto va come vuoi.


E sospetti che il prossimo passo sarà una felicità che corre sotto a ogni evento, la gioia intrinseca di essere l’amore di Dio. Ogni tanto ti commuovi. Ogni tanto ti sembra di essere tornata un po’ nella testa. Ma non sei mai davvero identificata con la persona, perché è troppo inafferrabile, ormai. Semmai sei un po’ persa. Hai imparato che l’importante è non aver paura di ciò che emerge. Allora ti metti in piccole cose, curi il sito, fai qualcosa in casa, giochi con una figlia.

Poi lasci che venga, da solo: quel rimontare che sa. Che dentro tutto brulica e la pace è ferma ma vibrante. Che c’è Dio, dentro, che sei sua.

Maddalena

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