La giustizia, farsi giustizia, "è ingiusto"... questo è ciò che ti fa trattenere il dolore. Se ti sposti dove non c'è giusto o sbagliato, sei già libera.
Soffri perché giudichi, dai significati, e poi devi proteggerti, e rinunci così a essere la Vita che sei, amare e basta.
Quando dici che sei esausta, sei esausta delle tue storie, delle difese, di lottare, di dover avere giustizia. Non ne puoi più. Cosa ti sei raccontata che sei esausta di credere?
Quando costruiamo una storia usiamo le parole che abbiamo nel nostro piccolo bagaglio: abbandono, demerito, solitudine, fallimento, sempre, mai.
"Sempre" e "mai" sono parole che abbiamo tutti, e sono in realtà preziose, ma di solito le usiamo invertite.
Cosa ti sei raccontata, che sei esausta di credere?
Immagina che questa frase o storia sia la diga che ferma il corso naturale della vita. Oppure un muro in mezzo a un campo.
Prima crei una storia. Poi le credi. Poi usi ogni evidenza per dimostrare che è vera. E diventa chi credi di essere. Come un padrone che il servitore deve continuamente onorare e rispettare, servire.
Cosa ti sei raccontata, che sei esausta di credere? Quale storia stai servendo promettendole giustizia?
Riesci per un attimo a non dare significato a nulla? È un piccolo sgomento, è mollare la presa. Per un secondo ti sembra di saltare nel vuoto.
Ma si allena.
Anche quando respiri hai piccole pause in cui non respiri. Il dolore sembra irresistibile. Ma non è irrinunciabile.
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