La resa, anche della persona (sensazione mentale del "io sono questo", semplice automatismo a percepirsi come il senso di sé dato da carattere, idee ed emozioni personali), non è non avere carattere, forma: è non identificarsi in esso, come hai smesso di identificarti nei ruoli, nel fare, nel corpo-mente, nella storia personale, pensieri ed emozioni, eventi, condizioni, relazioni.
Si impara che non si è una sommatoria di questi ma il silenzio vuoto e libero, incondizionato, in cui essi prendono o perdono forma. Vuol dire che non ci sono più indispensabili. Non dipendiamo da loro per il nostro riempimento.
C'è uno spazio enorme che scopriamo di essere e non abbiamo urgenza di scoprire o creare una nuova definizione se non da questa non indispensabilità.
Se qualcuno obietta che devi fare e arrivare da qualche parte, ricordiamo che il potere della resa è ciò che anche Gesù predica nel Vangelo (non ti bastassero Ramana o Nisargadatta), dicendo che il Signore veste anche i gigli dei campi. Cosa vuol dire questo? Non che non devi fare nulla, ma nemmeno "aiutati che dio t'aiuta": questo non è scritto da nessuna parte. Significa invece che
se consegni ogni prerogativa e attaccamento all'io, all'idea di dover essere qualcuno, e consegni la tua stessa arroganza identitaria a dio, dio ha campo libero nel generare e generarsi in te ogni minuto.
D'altro canto nell'istante sei solo l'istante, ciò che sei è ciò che sei nell'istante eterno senza tempo. È ciò che sei quando non esisti. La gioia di questa resa non è il sollievo evitante, ma un’apertura immensa.
La rinuncia è, per come la vedo io, caposaldo del Risveglio, e lo è anche di ciò che disse Gesù. La sua morte è la morte dell’io per risorgere in dio. Il senso è sempre lo stesso. Questa è la vera umiltà.
"Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza".
"Cercate prima il regno di dio" è un altro passo dello stesso brano di Matteo, ossia inverti la prospettiva: la ricerca nella materia o nel personale è seconda al divino interiore.
Fa parte dell’illusione credere di voler e dover avere riscatto nella forma o che prima devi sistemare quella e poi potrai arrenderti a dio e alla gioia stessa che deriva dalla soddisfazione di questo vero desiderio.
Ramana stesso diceva: “Se smetti ogni cosa mondana, Dio non è più dietro ma davanti, direttamente”. Non c’è più nulla, in mezzo, se smetti ogni pretesa.
Se qualche insegnante o terapeuta insiste che ti mancano le basi della piramide, che ogni cosa deve sempre essere affrontata col lavoro sul rapporto coi genitori d'origine, forse non ha fede cieca.
Gesù è chiaro: “Cerate prima il regno di dio”. Non dice “cercate prima di avere amor proprio, di sanare le ferite, di guarire i traumi, di cullare l’inner child, di costellare, di trovarvi un lavoro, di diventare qualcosa, di avere un ego maturo, un corpo sano, una mente riprogrammata, dei pensieri migliori, una padronanza di voi, un buon portamento interiore, un carattere incisivo, di sapere chi siete”.
Per questo ritengo sempre che ogni lavoro su di sé sia ancora formale, e infatti attiene alla narrazione di essere altro da dio, dunque stiamo ancora servendo l’altro padrone. Inclusa questa foga di sapere chi siamo, di definirci, di riconoscerci nella personalità.
La personalità è una difesa, una pretesa: è mattoni di emozioni e pensieri cementati dal trauma. Non è altro. Da dove posso osservarla e permetterla se non dalla rinuncia a servirmene per definirmi?
Questo lavoro su di sé è allora indispensabile nella misura in cui ci consente una faglia dalla quale accorgerci che il vero desiderio è dio. Da lì in poi, ogni azione e impegno sono volti a lasciarci del tutto rapire da dio, in questa faglia che però non è un dio altrove, ma dentro di noi.
Ogni lavoro su di sé prima o poi arriva alla resistenza originaria, che non è questo o quel genitore abusante, questo o quel matrimonio che non ci soddisfa, questo o quel mestiere, questo o quel difetto di carattere: è la resistenza dell’ego, è la difesa all’amore divino.
Tutto il resto, ogni passo che abbiamo compiuto, non è servito ad altro che farci arrivare qui.
Be naked,
Maddalena
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