Penso a come mio padre è dolce e fragile e usa le opinioni per sentirsi forte. L’ego si protegge con possesso, rabbia, odio, aggressione, sapere, controllo, brama, orgoglio. Mio papà usa il sapere. Così mi chiedo: e Maddalena? Mentre mi rispondo (controllo, sapere spirituale e psicologico, e possesso di quanto scoperto o compiacimento quando capisco o aiuto l’altro), mi accorgo che non so di chi parlo.
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Cosa vuol dire parlare dei propri limiti? I limiti di chi? Questo non è snobismo egoico, ma proprio rivelazione: i nostri limiti sono i limiti di un’idea. Le tue caratteristiche, pregi, difetti e limiti, non sono tenuti insieme da niente. Cadono come un castello di carte. Sono mattoni senza il cemento. Ma tu li impili e gli dai il nome di “io”. Vedo chiaramente come svanite, estranee ma proprio inesistenti le me che credevo fossero chi sono. Dunque i limiti di chi? La “personalità” è solo come riarrangiamo idee e azioni determinati da quelle idee. Come li componiamo. E il senso di “io” è un atteggiamento psicologico basato sul niente, è l’istinto corporeo su cui la mente dispone le idee e le caratteristiche che altri ci hanno sostenuto o scatenato in difesa, così da creare una composizione.
Ma questa composizione, quando la disfi, dimostra che non è coesa da nulla. Io sono mattoni sparsi. Eppure vivo.
I mattoni diventano via via meno coesi, e poi più separati tra loro, e il tuo senso di te smette di essere i mattoni, e diventa lo spazio. Stasera vedo proprio i mattoni. Sono finite le costruzioni, le me non ci sono. Sono decostruite dal processo e dall’osservazione. E io sono pace.