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L'esperienza della percezione

Il concetto di io o soggetto fluttua come tutto, come l’accadimento della percezione delle mani. È un’altra percezione che accade. Così piccola e così fluttuante nello spazio, che appare evidente l’assurdità di assegnare ad essa la realtà di chi sono

Mi sveglio per un rush di raffreddore, consumo fazzoletti a pacchi. Dopo un po’ mi sdraio di nuovo e sto sul fianco sinistro. Percepisco le mani intorno al cuscino e per la prima volta sto nella percezione nuda, un po’ come quando faccio "naked" ma con la vista. Non l’avevo mai fatto con il tatto, col corpo. È più difficile perché il corpo è sempre percepito come soggettivo, porta identificazione ossia devi togliere significati più radicati rispetto a guardare la materia senza accezioni né personali né socialmente convenute (guardo un albero senza pensare che è un albero, senza nulla). Però accade questa esperienza. Forse favorita dai video di Newman e Parsons che per qualche ragione sono a loro volta accaduti numerosi in questi ultimi giorni.

Percepisco dunque le mani attorno al cuscino e non c’è né il concetto di mani né di mio né di cuscino: registro solo la percezione. Accade una percezione.

Non vado oltre. E singolarmente, stando in così poco, a occhi chiusi, il buio in cui sono immersa, la sensazione di io, se vuoi, diventa immensa. Avviene un’enorme espansione. Nella quale accade la percezione.

Se togli ogni significato e concetto, e riduci la percezione a percezione che accade (non c’è possesso né concetto), diventi enorme.

Mi accorgo che non sto ascoltando il resto del corpo, che di solito tendiamo a porre attenzione su un dettaglio (in questo caso la mano) ma siamo anche inevitabilmente connessi alla sensazione del corpo intero e questa connessione è intrinsecamente identificativa, come se si formasse un’immagine sfondo di “me a letto”, “questa son