Nella dedizione tocchi riconoscendo la magia di questo che non potresti fare se non fossi incarnata. Fai quella cosa come se non esistesse altro, come fossi qui per fare quello. Isoli non solo il momento ma l’attività. In questo modo togli sia il tempo sia il giudizio, il significato
Cos'è quella che chiamo "dedizione"? Decidere per esempio di fare la cucina ogni sera come pratica informale di meditazione, come sacrificio non nel senso popolare di punizione o sconto dei peccati, ma di appuntamento col sacro nell’umile.
Cosa significa? Significa: stare in silenzio interiore, il quale non esclude di ascoltare per esempio suoni circostanti e di vedere l’ambiente intorno con la coda dell’occhio, ma l’attenzione parte dal cuore e va nei gesti come se fossero animati da lì, oppure sta nelle mani e via via si anima.
Ci si abbandona a questa attività come se fosse l’unica cosa in assoluto, non perché farai questo per sempre, ma perché non esistono proiezioni e pensieri, non ti devi preoccupare di nulla: spazzoli i piatti e li riponi in lavastoviglie come se fosse la tua unica e sola occupazione, in un adesso che è l’unico momento esistente.
In questa assolutezza il gesto privo di pensiero, perfino privo dell’attenzione al tatto e ai cinque sensi della mindfulness, diventa un piccolo altare, un sacro muovere cose e relazionarsi con esse.
Capiamo che l’Assoluto sta nel minimo e non per forza nel grandioso, pur essendo grandioso. Non lavi i piatti sbrigando la cosa perché noiosa, né la compi con cura perché vuoi un risultato perfetto. Infine, non è nemmeno un gesto ripetitivo e meccanico: semplicemente,
senza dualità e significati apposti, ossia senza pensiero, non c’è un bello e un brutto, un prima e un poi, un io e un oggetto: c’è una danza sospesa eppure materica
che rende relativamente facile lasciare ai bordi la mente concettuale ed egoica.
Questo fare dall’Essere, in silenzio e senza preoccupazione alcuna, nell’Assoluto, è ciò che possiamo chiamare “dedizione” e somiglia alla cura che mettiamo quando ci dedichiamo a creare qualcosa di artigianale o artistico, insomma quando facciamo le cose col cuore.
Non vi è una sostanziale differenza tra il riporre un bicchiere nella lavapiatti e adagiare un neonato che dorme, nella culla o posare un mattoncino sul modellino di cartone del progetto che abbiamo inventato: in tutti questi casi c’è una cura appassionata e delicata nel contempo, che trascende la mente, e che viene da un unico cuore indifferenziato all’oggetto.
Dunque una cura e una sacralità che possiamo lasciar emergere naturalmente con la piccola volontà di darci appuntamento in azioni quotidiane. La magia della Vita è ovunque.
Questo, è il senso di fare anche cose umili: non è una penitenza, non è moralismo, non è un gettone per comprarsi il Paradiso. È già l’amore che siamo, è già la vibrazione dell’Uno.
Yorumlar