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La libertà di non sapere

“Non lo so” è un’espressione dolcissima. Permette istantaneamente di scendere dal pensiero. Ammorbidisce, affida. Ogni tanto dillo, durante la giornata. Quando ti sale quella domanda sulla prossima cosa da fare. Perché non ti hanno risposto. Perché non stai ancora bene. Perché non è come credevi.



Ma usala anche nelle delizie che a volte arrivano e che possiamo prendere a mani vuote. Mollali, quei cesti preconfezionati dove vorresti incastrare e organizzare tutto. Se hai le mani vuote, hai più spazio. Lascia che la vita ti regali qualcosa. Non decidere cosa. E quando arriva, ricevi. Non inquinare subito tutto con quegli interrogativi: come averne di più, come mai a me, come posso tenerlo. Chissà perché.

“Non lo so”.

Chi governa tutto, perché oggi piove, come sarò domani?

Ma perfino: come faccio a vivere qui e ora?

“Non lo so”.

Imparo a dirlo anche ai figli. Ogni tanto. Insegna la semplicità. Che non è umiliazione. Ma serve coraggio: “Non lo so” non perché sono troppo piccola rispetto all’Universo. Ma perché sono troppo grande rispetto alla mente che domanda.

Lascia che un “non lo so” dopo l’altro la mente si stanchi e tu cominci a espandere la tua idea di te, la tua presenza a te stesso. “Non lo so” è smettere il controllo. E, quindi, lasciar andare la paura.

È somigliare al vento, all’acqua, alle stagioni, alla magia. Umile perché sei Grandiosa della Vita che è Grandiosa in te.

Non hai bisogno di sapere. Conoscere non ti restituirà verità né amore.

E rassegnarsi non ti darà sollievo né pace.

Non è mai sbagliato farsi domande: non c’è nulla di sbagliato, è nella nostra natura di esseri intelligenti.

Ma saper rispondere, dal profondo, “non lo so”, è la nostra natura di amore.

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