top of page

Solo la mente ingaggia la mente

La mente non è uno strumento di ricerca spirituale, ma di ricezione



Quando ti metti in un progetto nutri in esso il seme, inevitabile, della paura di non portarlo a termine, del fallimento. La non dualità stermina l’io mentale. In questo non esistere, l’anima ha campo libero. Ma l’anima non cerca. Vive. Nella non dualità non ti appartieni e non hai diritti. Sei in mano alla vita, all’anima, a dio.

La mente la dovete calmare solo perché tenete ancora un possesso identitario, il quale nutrite con questo protagonismo progettuale: se siete a disposizione di dio, non esistete più: chi è disponibile a dio smette di essere il protagonista della disposizione.

Protagonista o vittima sono due facce dello stesso piano. Ma quel piano, nella disponibilità incondizionata, lo si lascia tutto.

Lo strumento in mano al musicista non ha responsabilità, nemmeno di accordarsi: è il musicista, che lo accorda, che lo anima, che lo suona.

Il “progetto spirituale” è ancora rumore. Quando lasciate ogni prerogativa, colpa e preoccupazione, allora siete il Silenzio. Chi ha paura di perdere la propria unicità così facendo, è ancora l'io psicologico. Lasciate che emerga ciò che deve emergere: l'anima, l'intuizione, il divino, l'azione, l'istante.


Invece, dacché restate un io, siete sempre occupati. Sradicati nel progetto. Poi, allora, dovete calmare la mente con un altro progetto. Allontanandovi ancora di più da un dio che sa trovarvi. E, infine, dovete pensare a dio, cercare di ricordare che dio è ovunque, e impegnarvi per stare nel qui e ora: perché ve ne siete andati, per il vostro progetto. Bastava spogliarvi. Non tenere niente.

Finché restate il soggetto volitivo siete ancora l'io mentale, decisionale, perché solo l'io mentale utilizza la mente per la spiritualità, mentre il cuore che siete la trascende.

Restando il soggetto mentale vi procurate tre guai: la mente non sa più stare zitta, sa di essere in un progetto, ha paura perché le state comunicando che non può appartenere a dio adesso, subito. La state agitando e poi dovete calmarla. Perché la mente sa che il suo posto è il cuore e, contrariamente a quanto dite, non è ingerente, se non siete voi (mente) a coinvolgerla.


Quando vi arrendete all’evidenza della non dualità sostanziale, invece di insistere nella forma, l’anima, senza forma, emerge. Non è “vostra”: è. Invece, la grande delusione di non essere “voi” la controbilanciate mettendovi a fare, fosse anche in servizio, pur di rimanere distinti da ciò che vi vive. Il protagonismo separa. Ma il protagonismo è solo paura, colpa.

Se dovete agire umiltà, siete nell’io mentale. Se siete nell’anima, se la coscienza è oltre il mentale, l’umiltà è intrinseca, e quello che vi rimane da fare è chiedere scusa per l’ "inumiltà" dell’ego, non la vostra.

Dite “ma finché sono separato devo cercare e agire”, eppure questo vi tiene nella separazione, allo stesso modo degli affetti che ci legano a qualcuno: essi sono ponti che connettono, ma assicurano anche la separazione. Se, al contrario, vi ponete da non esistenti, dalla non separazione, allora siete un flusso, non dovete collegare niente. Potete solo lasciare che quel flusso vi travolga, e scoli via quanto resta di “voi”.

Non andate a “cercare”: vi lasciate prendere. Non decidete quale pratica fare: siete l’istante, e il dio che vi accade. Restate vuoti. E in tale vuoto, la vita incontra dio. Siete soltanto la vibrazione di questo incontro. Non vi mettete più in mezzo.

Chi usa la mente per un japa che non sgorghi spontaneo, chi usa la volontà... è il superego, non l’anima. È l’abitudine, la persona, la volontà: ma non l’anima. Quando lasciate cadere tutto, tutto ciò di cui avete fatto un progetto e una separazione, vi prenderà un tale stupore. Vi accorgerete che tutto è qua. Che la gioia non vedeva l’ora di saltarvi addosso. Ma voi, come una madre dedita alle faccende non guarda il figlio, non la guardavate.


Be naked, surrender the compulsion and allow.

Maddalena


bottom of page